Sono programmato per apparire.
Un manto che opprime pur senza imporsi. Sappiamo dunque noi, pur senza pensare, cosa dobbiamo dire, cosa non dobbiamo mai fare. Quella mattina il software "consuetudine" sembrò mal funzionare.
" Come stai? "
rispondendo a bruciapelo: "sto male grazie", scoprii che potevo disinnescare improvvisamente la risposta di chi mi stava davanti. La risposta "sto bene anch'io ", si bloccò a metà del "sto...", e come da una pausa wagneriana in cui gli orchestrali tirano un sospiro di sollievo, si sentì venir fuori una timida sola nota, la voce, come un primo violino rispose:
"sto...,sto..male..
anch'io".
Chiusura del sipario.
Le pause nella musica hanno un valore espressivo e riflessivo, forse per questo nei centri commerciali, o in qualunque fottuto luogo dove si vende qualcosa, il rumore musicale viene offerto gratis, alto, distorto, e ad libitum. Bisogna non lasciar ponderare sull'acquisto, indipendentemente dall'oggetto, l'imperativo è far comprare. Un televisore va comprato con la stessa irriflessione con cui si sceglie (seppur per un uso più nobile) la carta igienica o il sapone per i panni.
Nei film, nella realtà o nella storia, spesso il cattivo si scopre essere stato meno cinico e crudele di chi ci ha salvato dal male. Nello stupore, da finale di sceneggiatura, l'incontro casuale tra due conoscenti dovrebbe concedere, donare una trama vera: un sentimento autentico, pur consumato, dissipato dalla fretta di voler-dover scappare. Non accade quasi mai.
Quel pomeriggio mi misi in viaggio verso la Francia. Un bisogno fisiologico, ancorato alla noia della strada, ci obbligò ad una pausa in un autogrill. Uscendo dalla macchina dopo aver percorso 150 km puoi sperimentare la tua vera età biologica. I muscoli ed i legamenti mi sbandieravano senza pudore i miei quasi 50 anni, non potevo barare. Con la stessa andatura di un uomo del paleolitico mi affrettai nell'immancabile gincana tra accessori per auto, riviste, preservativi, bibite di ogni improbabile colore. Spaghetti imbalsamati accanto a un’agghiacciante wiener schnitzel sembravano volermi suggerire che non troppo lontano avrei trovato il cesso. Così fu. Dentro quest'ultimo, l'odore di urina si mixava alla musica new age. I moderni urimat hanno uno schermo sopra; perfino mentre stai pisciando il mercato globale non perde l'occasione per esortarti ad acquistare qualcosa. Provai a chiudere gli occhi e lasciarmi andare, pensai: cavolo non posso rilassarmi manco al cesso? Fu allora che il telefono che avevo sulla tasca dietro, e che avevo lasciato aperto sull'applicazione di google maps mi suggerì ad alta voce:
"Prendi la seconda uscita"
Quella voce decisa, digitalmente muliebre, nel bagno degli uomini bloccò per un attimo tutti gli astanti. Ci guardammo intorno: storditi, incuriositi, forse parzialmente divertiti. Tornai a guardare solo tra le mie gambe pensando a quella "seconda uscita":
esisteva davvero?
Mi sarebbe piaciuto uscire da tutto, dalla meccanizzazione dei gesti, dei sentimenti, dai saluti confezionati, dalla visione di quell’impasto satanico di carne e spaghetti fatti a pezzi. Dovevo fare qualcosa, subito! Adesso! dissi a me stesso.
Fai qualcosa ora!
Ah, ma…
non devo tirare l'acqua,
l'urimat, la macchina, fa tutto da sola.
Un manto che opprime pur senza imporsi. Sappiamo dunque noi, pur senza pensare, cosa dobbiamo dire, cosa non dobbiamo mai fare. Quella mattina il software "consuetudine" sembrò mal funzionare.
" Come stai? "
rispondendo a bruciapelo: "sto male grazie", scoprii che potevo disinnescare improvvisamente la risposta di chi mi stava davanti. La risposta "sto bene anch'io ", si bloccò a metà del "sto...", e come da una pausa wagneriana in cui gli orchestrali tirano un sospiro di sollievo, si sentì venir fuori una timida sola nota, la voce, come un primo violino rispose:
"sto...,sto..male..
anch'io".
Chiusura del sipario.
Le pause nella musica hanno un valore espressivo e riflessivo, forse per questo nei centri commerciali, o in qualunque fottuto luogo dove si vende qualcosa, il rumore musicale viene offerto gratis, alto, distorto, e ad libitum. Bisogna non lasciar ponderare sull'acquisto, indipendentemente dall'oggetto, l'imperativo è far comprare. Un televisore va comprato con la stessa irriflessione con cui si sceglie (seppur per un uso più nobile) la carta igienica o il sapone per i panni.
Nei film, nella realtà o nella storia, spesso il cattivo si scopre essere stato meno cinico e crudele di chi ci ha salvato dal male. Nello stupore, da finale di sceneggiatura, l'incontro casuale tra due conoscenti dovrebbe concedere, donare una trama vera: un sentimento autentico, pur consumato, dissipato dalla fretta di voler-dover scappare. Non accade quasi mai.
Quel pomeriggio mi misi in viaggio verso la Francia. Un bisogno fisiologico, ancorato alla noia della strada, ci obbligò ad una pausa in un autogrill. Uscendo dalla macchina dopo aver percorso 150 km puoi sperimentare la tua vera età biologica. I muscoli ed i legamenti mi sbandieravano senza pudore i miei quasi 50 anni, non potevo barare. Con la stessa andatura di un uomo del paleolitico mi affrettai nell'immancabile gincana tra accessori per auto, riviste, preservativi, bibite di ogni improbabile colore. Spaghetti imbalsamati accanto a un’agghiacciante wiener schnitzel sembravano volermi suggerire che non troppo lontano avrei trovato il cesso. Così fu. Dentro quest'ultimo, l'odore di urina si mixava alla musica new age. I moderni urimat hanno uno schermo sopra; perfino mentre stai pisciando il mercato globale non perde l'occasione per esortarti ad acquistare qualcosa. Provai a chiudere gli occhi e lasciarmi andare, pensai: cavolo non posso rilassarmi manco al cesso? Fu allora che il telefono che avevo sulla tasca dietro, e che avevo lasciato aperto sull'applicazione di google maps mi suggerì ad alta voce:
"Prendi la seconda uscita"
Quella voce decisa, digitalmente muliebre, nel bagno degli uomini bloccò per un attimo tutti gli astanti. Ci guardammo intorno: storditi, incuriositi, forse parzialmente divertiti. Tornai a guardare solo tra le mie gambe pensando a quella "seconda uscita":
esisteva davvero?
Mi sarebbe piaciuto uscire da tutto, dalla meccanizzazione dei gesti, dei sentimenti, dai saluti confezionati, dalla visione di quell’impasto satanico di carne e spaghetti fatti a pezzi. Dovevo fare qualcosa, subito! Adesso! dissi a me stesso.
Fai qualcosa ora!
Ah, ma…
non devo tirare l'acqua,
l'urimat, la macchina, fa tutto da sola.