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Sabbia e Mocassini

Martedi, 13 / 11 / 2012  


Prima del concerto ci sarebbe stata tutta una mattinata da smaltire. D'estate i musicisti jazz avvertono sovente il richiamo del mare, ma sempre e solo quando c'hanno da suonare o comunque un altro impegno conclamato, così nei tempi di magra preferiscono smaltire le giornate davanti al monitor di un pc o si godono le città semideserte e le telefonate di quelli che distesi sulla battigia pensano sia "chic" telefonare ad un sassofonista o ad un pianista in pantofole.
Quel giorno avevo anch'io con me il costume ben camuffato sotto gli abiti della sera prima. Il ristorante a dieci metri dall'acqua offriva i suoi tavoli liberi ed io alle 11.00 del mattino come uno sbucato da una miniera di carbone chiedevo un tavolo libero per me e per la mia fisarmonica. Quest'ultima, come il sottoscritto dal chiuso del suo tabernacolo sembrava non gradire l'afa e la visione di quelli che in spiaggia scrutano il giornale dello sport e la cellulite da un'improbabile fessura dei ray ban. In ogni caso io seduto al tavolo con sopra il canneto e la fisarmonica sotto il tavolo saremmo stati entrambi meglio all'ombra. Io ero impegnato ad osservare il mare attraverso un bicchiere vuoto. Lei, la mia 120 bassi sembrava gradire la brezza marina e la vista sul mar Tirreno, sempre meglio che starsene al chiuso nel fuoco del bagagliaio. Può uno strumento musicale avere caldo? probabilmente sì, certamente, se le cartilagini delle voci sono fatte di cera, in ogni caso non avrei voluto scoprirlo nel bel mezzo di una tournée. Quando dissi agli altri che non mi sarei tuffato qualcuno tirò un sospiro di sollievo perché un volontario vigilante degli strumenti e degli effetti personali in quelle circostanze è più prezioso di una bibita ghiacciata. A pensarci bene il vero mare sembrava quello sulla spiaggia, in decine di centinaia come sul set per la pubblicità di un gelato smaltivano il caldo e la noia sotto il sole. Io come il regista malaticcio di un film in bianco e nero osservavo il set che non avevo voluto. Ordinai il mio solito chinotto, con la tracotanza di chi almeno lì (in Toscana) l'avrebbe trovato e ricevuto, oltralpe quando chiedi un chinotto arricciano il naso e guardano il cielo, poi ti propongono apfelsaft (succo di mela) o ancor peggio la Rivella, mai bibita fu più detestabile (almeno per il sottoscritto). Andare al mare e non sentirne il rumore è come andare al cinema bendati, ma il caos di radioline, suonerie di cellulari e chiacchiericcio generale era così alto e vorticoso che quando arrivò sulla strada il camioncino con megafono che vendeva tappeti non sembrò essere totalmente fuori luogo. Pensai, con un pizzico di magone, che per quel giorno non avrei visto mestiere più disgraziato di quello. In pieno Luglio, in spiaggia, a chi verrebbe in mente di comprare un tappeto orientale?
Quella dodecafonia imponeva di isolarsi, misi le cuffie con la sinfonia n.1 di Charles Ives, e pensai che i musicisti in costume vanno un po' compresi. Le occhiaie, il costume sbiadito da anni di cassetto, le gambe storte piegate dal peso dei Marshall.... e i pasti in autogrill che ti massacrano il corpo, più della mente. Tutto sommato i compagni di quel viaggio si difendevano bene. Quando tornarono al tavolo, gocce di mare fresche mi raggiunsero, e per un attimo pensai anch'io di essere con loro, lì come tutti, al mare.





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